Solitudine, regina di Sea |
Il vallone di Sea,
nella Val Grande di Lanzo, si può tranquillamente considerare come il più
selvaggio delle tre valli di Lanzo, e direi anche uno dei più solitari di
tutto l'arco alpino occidentale. E’ di una bellezza particolare, chiuso
tra pareti opprimenti e lisce come lavagne nella parte bassa, più aperto
nella seconda metà, culminante con il colle di Sea, un tempo facile e
frequentatissimo passaggio tra le Valli di Lanzo e la Valle dell’Arc. Ma non a tutti piace, o almeno, non a tutti suscita le stesse emozioni. Nella loro “Guida della Alpi Occidentali”, Bobba e Vaccarone danno una descrizione alquanto deludente sul vallone, a loro evidentemente non è piaciuto molto…In effetti, il primo impatto non è dei migliori: per almeno due ore la visuale rimane limitata dalle lisce pareti di gneiss che segnano le pareti del vallone, e paiono togliere luce e respiro, ma oltre l’Alpe di Sea, il vallone si allarga sul bellissimo Piano di Sea, adagiato ai piedi di una serie di balze che sbarrano la valle, al di sopra delle quali si stendono i pascoli del Pian di Giovanot, ai piedi delle Cime Piatou. Oltre cominciano le morene che portano al Ghiacciaio di Sea e al Colle, in un grandioso ambiente di alta montagna, dominato dalla spettacolare e vicina seraccata del Ghiacciaio Tonini e dalla parete nord dell’Uia di Ciamarella. Pulizia sul Colle Sud-ovest di Bonneval, a 3154 m, futuro punto di collegamento tra Italia e Francia. (17 settembre 2000) Il vallone di Sea è lungo,
interminabile: sono circa 12 km da Forno Alpi Graie al Colle di Sea, e quasi
2000 m di dislivello. Ma sono convinto che per chi cerca la wilderness,
di cui tanto si parla, questo è il posto giusto. Capita spesso di essere le
uniche persone in tutto il vallone, di non incontrare anima viva in tutto il
percorso, a parte marmotte, aquile, stambecchi, camosci…Non vi sono
neanche bovini al pascolo, né ovini, niente, nessuna presenza di marghè.
L’alluvione del 23-24 settembre 1993 devastò tutta la Val Grande, le
mandrie vennero bloccate negli alpeggi, subendo notevoli perdite, e anche i
sentieri di accesso alle valli laterali subirono moltissimi danni. E’ così
che le belle strutture del Gias Balma Massiet, dell’Alpi di Sea e del Gias
Nuovo sono rimaste abbandonate al loro destino, e alla solitudine totale del
vallone. La fine e l'inizio del giorno nel Vallone di Sea: tramonto verso l'Uia di Mondrone (18 settembre 1998) e sorgere del sole dall'Uia di Mombran (17 settembre 2000) Sea piace o non piace:
non credo ci sia un compromesso; può però capitare, come è successo a me,
che ci si debba andare tre - quattro volte prima di capire che cosa
significa davvero il vallone di Sea. Nel settembre del 1999, di ritorno dal
Colle, dopo un fallito tentativo alla Punta Tonini, mi ero ripromesso che
mai più sarei tornato in quella valle..Mi vien da sorridere a rileggere al
relazione di quella gita. E invece ci sono tornato, solo, dopo soli 6 mesi,
verso la fine di giugno del 2000, e da allora se non ci vado almeno un paio
di volte l’anno non sono tranquillo. E’ qui che respiro la vera natura
della montagna, qui il tempo sembra essersi fermato, tutto appare come
immobilizzato da una mano nascosta, essere soli qui significa davvero essere
soli, la solitudine è la vera, unica e incontrastata Regina di Sea. Il sentiero prosegue sulla sinistra idrografica del torrente, poi scende leggermente fin quasi sulla riva, erosa dalle piene, e si porta nei pressi del Gias Balma Massiet: il letto della Stura di Sea, già abbastanza largo dopo il settembre 1993, è, dopo l’ottobre 2000, diventato enorme, un grande caos di pietre, ghiaia e sabbia, che si attraversa seguendo qualche ometto che indica la via per la passerella (che resterà fino alla prossima alluvione) che permette di guadagnare la sponda opposta nelle immediate vicinanze del Gias Balma Massiet, a 1500 m (1 h 00 da Forno). Le costruzioni in pietra sono ancora ottimamente conservate, ma l’erosione delle sponde del torrente è ormai a meno di quindici metri dalle baite. Questo Gias si trova un piccolo fazzoletto di pascoli ai piedi del ripido versante settentrionale delle estreme propaggini della Leitosa. Le costruzioni meglio conservate sono il lungo corpo della stalla, che offre un soppalco in legno ancora pieno di fieno (per un bivacco d’emergenza), e la baita dei marghè, con caminetto e tutto, il cui tetto è costituito da una bellissima volta a secco in pietrame: architetture di questa tipologia si trovano anche nella Valsavarenche (Alpe Pravieux). Arrivando al Balma Massiet dal vallone di Sea, nell’aria e nell’ombra della sera, anche queste poche pietre si caricano di un’atmosfera magica, e osservando i lontani pendii meridionali del Barrouard e del Corno Bianco, ancora illuminati dal sole, nel silenzio quasi totale, vien davvero voglia di fermarsi ad ascoltare la voce di Sea. L'Alpe di Sea 1785 m. Le nubi di un pomeriggio estivo avvolgono la parete Nord dell'Albaron di Sea. (24 giugno 1999) Si giunge così
in vista dell’Alpe di Sea, posta proprio al riparo di una grossa balza
rocciosa, alla sinistra della quale scorre in una specie di gola il
torrente. Sulla nostra sinistra si stendono pendi erbosi poco inclinati,
disseminati di massi e solcati da profondi canali, colatoi, coni di
deiezione, che lasciano poi spazio a ripidi ghiaioni, proprio alla base
delle gìà citate pareti. Poco prima di attraversare il torrente si stacca
a sinistra il sentiero per il Passo dell’Ometto e per il Ghicet di Sea,
che si raggiunge con un’ardita cengia ascendente che, partendo dai
ghiaioni, taglia tutta la parete nord della Punta Rossa di Sea, uscendo su
un piccolo canale alla base del passo. Un ponticello stretto e alto sulla
piccola gola dove scorre il Sea permette di toccare le baite dell’Alpe di
Sea 1785 m, con il caratteristico fabbricato lungo e basso, posto proprio al
di sotto del roccione che protegge l’Alpe. Il piano di Sea si apre davanti a noi, sullo sfondo nubi di calore avvolgono le Cime di Piatou. (24 giugno 1999) Le caratteristiche costruzioni del Gias Nuovo, al termine del Piano di Sea. (19 settembre 1998) Giochi di nubi in un giorno di Foehn, dai pressi del Gias Nuovo. (08 settembre 2001) Mi è capitato,
tornando dal Bivacco Soardi-Fassero nel pomeriggio di un giorno di
settembre, di fermarmi ad osservare la poetica bellezza di questo posto. Era
un giorno di forte vento, un vento che scendeva da nord-ovest, e scuoteva
tutta la valle, e mi sono seduto, tra l’erba alta, che cambiava ormai già
il suo colore, mentre si piegava alle folate gelide, di fronte all’ardita
sagoma dell’Uia di Mondrone. Uno spettacolo da lasciare senza parole, non
si sentiva altro che il rumore del vento e del torrente in tutto il vallone,
e, ovviamente, nessuno in giro. Solo erba, vento e l’azzurro del cielo, e
null’altro. Non si può che rimanere affascinati da queste sensazioni, da
ciò che suscita quest’ambiente. Oltre il Passo di Napoleone si apre la vista sul Piano di Sea, dominato dalla svettante Uia di Monrdone. (08 settembre 2001) Si esce quindi su terreno aperto, una
specie di pulpito sul piano di Sea, al fondo del quale si erge l’Uia di
Mondrone, che appare ancora più ardita e slanciata. Spesso da qui comincia
a soffiare forte il vento, che scende furioso dal colle di Sea, e alle volte
rende difficoltoso il cammino. Nel settembre del 2001 ho percorso questo
tratto del vallone con un vento fortissimo, che creava forti problemi di
equilibrio e toglieva il respiro. Ma era il prezzo da pagare per l’immenso
spettacolo delle nubi lenticolare modellate dal vento che in quota, intorno
ai 3000 m, toccava i 100 km/h: è stato lo spettacolo di nubi più bello che
ho mai visto, nubi d’un colore bianco che più bianco non si può, alcune
sfumate nel cielo azzurrissimo, altre dai contorni perfettamente lineari, e
tutte in continua metamorfosi: semplicemente meraviglioso. Spettacolari formazioni di nubi lenticolari in un giorno di Foehn, dal Gias Piatou. (08 settembre 2001) Il sentierino sale un
pendio di pascoli, poi traversa a mezzacosta,
e quindi per questa specie di dorsale, evidente resto di un’antica
morena, di quando il Ghiacciaio di Sea scendeva lungo il vallone. Si
attraversa un piccolo ma pittoresco pianoro caratterizzato da grossi ciuffi
di erba. Sulla destra si stacca il bivio per il Passo delle Lose 2866 m, un
ardito punto di passaggio sulla costiera Sea-Monfret, sulla sinistra della
rocciosa Uia di Mombran 2955 m, anche questo non molto frequentato. A poca
distanza dal bivio si trovano i resti del Gias Piatou 2193 m, abbandonati da
molto tempo, ma alcuni ancora in buono stato, sempre con le loro splendide
volte a secco: nei suoi pressi si può ancora ben osservare il basamento del
vecchio Rifugio Guido Rey, sorto nei primi del 900 e che negli anni ’30
offriva persino un servizio di alberghetto, abbandonato prima della posa del
bivacco Soardi. E’ in una posizione panoramicissima, su una specie di
balconata sospesa sul Gias Nuovo,al piano di Sea, che sovrasta per quasi 300
m di dislivello. Sbuffi di neve sulle Cime di Piatou dal Gias omonimo. (08 settembre 2001) Luci e ombre verso la Cima Leitosa. (24 giugno 1999) Nubi di sabbia sollevate dal vento sulle morene del ghiacciaio di Sea. (09 settembre 2001) Si continua a salire per questa antica crestina morenica, trascurando alcune tracce a sinistra che portano sul fondo del vallone: se si osserva bene è visibile il bivacco, nonostante sia scuro, adesso si nota chiaramente alla base di un sperone roccioso che scende dalle Rocce Monfret. Sulla destra, verso il pian dei Giovanot, si ergono le frastagliate Cime di Piatou e il biancheggiante canale ghiacciato del Passo delle Disgrazie, dal nome abbastanza eloquente. Ancora un poco e qualche tornante e si arriva alla costruzione in legno e lamiera del bivacco Soardi-Fassero, a 2297 m (3,30 – 4 h da Forno). Il nuovo bivacco in legno e lamiera dedicato a Nino Soardi e Marco Fassero, a 2297 m nel vallone di Sea. (18 settembre 1998) Ultimo sole sulla Cima Leitosa e sulla vetta dell'Uia di Mondrone. (08 settembre 2001) Tramonto con nubi lenticolari verso l'Uia di Mondrone, alle ore 20:00. (08 settembre 2001) Lo stesso tramonto, verso le 20:30. (08 settembre 2001) La
prima costruzione del bivacco risale al 1957 per opera della sezione UGET
del CAI di Torino, nel 1993 è stato posto il nuovo e più ampio bivacco. La
vista dal bivacco è molto suggestiva, spaziando dai poco inclinati pendii
del Pian di Giovanot, alla slanciata Uia di Mondrone, e alla spettacolare
parete nord dell’Albaron di Sea: quest’ultima al sorgere del sole si
tinge di rosa come una parete dolomitica, assicurando uno spettacolo
cromatico meraviglioso. La valle si chiude contro il canale detritico che
porta al ghiacciaio di Sea, oltre il quale si scorge la piramide della Punta
Tonini. Ad una cinquantina di metri dal bivacco una traccia porta ad una
sorgente d’acqua freschissima. Spettacolare alba sulla parete nord dell'Albaron di Sea. (17 settembre 2000) La fronte del Ghiacciaio di Sea, a 2780 m di quota. (17 settembre 2000) La vista, volgendosi indietro, regala ampi spazi e panorami, con la foschia che spesso sale dal vallone, e che disegna approssimativamente quello che doveva essere un tempo il percorso del ghiacciaio, all’epoca dell’ultima glaciazione.Attraversato una fascia di rocce si trovano nuovamente detriti, clapeys, terriccio, massi di ogni dimensione e forma, tra si mantiene la traccia a fatica. Si arriva così alla base dell’ultima rampa, un canale detritico spesso e volentieri occupato (per fortuna!) da un grosso nevaio, chiuso sia a destra che a sinistra da alte pareti rocciose: negli anni 80 la lingua terminale del ghiacciaio scendeva ancora per il canale. Uscendo dal canale ci si trova immediatamente davanti al fronte glaciale: da una caverna di ghiaccio nasce il Sea, la lingua del ghiacciaio si trova a circa 2780 m di quota (1 h o poco più dal bivacco): è uno dei più bassi delle valli di Lanzo come quota della fronte terminale, ed uno dei più estesi. Nubi di calore e controluce verso l'Uia di Mondrone. (10 settembre 1999) L'ambiente glaciale del Vallone di Sea: sullo sfondo la Punta Tonini e il Colle di Sea. (10 settembre 1999) Nube isolata sul Vallone di Sea, in controluce. (17 settembre 2000) La stessa nuvola, un attimo prima di scomparire. (17 settembre 2000) Qui
comincia un ambiente glaciale di rara bellezza, senza alcuna presenza umana.
Qui non è il Gran Paradiso o la Punta Gnifetti, con le loro piste e il loro
affollamento. Qui di piste sul ghiacciaio non ce ne sono, folla non ne
troverete, non troverete la coda per salire ad una vetta, non qui. Ed è
proprio questo il bello, qui trovate la montagna vera, fatta per essere
montagna e non addomesticata dall’uomo, questa è montagna selvaggia. I seracchi del Ghiacciaio Tonini, scendendo dal Colledi Sea. (19 settembre 1998) La
parete nord della Ciamarella ha ancora il suo fascino, è indubbio, ma nulla
in confronto a ciò che si poteva ancora osservare negli anni settanta: un
enorme lenzuolo bianco, da quale sporgevano due panciuti ghiacciai pensili,
un muro di ghiaccio che vide la salita dei pionieri della Piolet traction.
Ora la nord della Ciamarella si sta scoprendo sempre di più, i due
ghiacciai pensili sono praticamente spariti, gli affioramenti rocciosi
aumentano, e la via che aprì Eugenio Ferreri tende a diventare una via di
misto. Avanzando il silenzio è rotto solo da qualche scarica di sassi,
dalle morene che franano di continuo, segno che la montagna, intorno a noi,
è viva, respira. E tocca a noi, che siamo ospiti, adattarci e osservare
bene ciò che accade intorno a noi. Staremo allora attenti al pendio
roccioso sulla nostra sinistra, estrema propaggine della Punta Tonini, che
volentieri lascia cadere qualche pietruzza sui nevai sottostanti. Potremmo
anche percorrere le noios e faticosissime morene della destra idrografica,
ma è decisamente sconsigliabile, per la quasi totale mancanza di tracce.
E’ più remunerativo e interessante mantenersi il più possibile sui
nevai, appoggiando alla nostra sinistra, sempre dirigendosi verso l’ampio
e ben visibile colle di Sea, facilmente individuabile già dall’inizio del
ghiacciaio, e ancor di più da una specie di conca a 2900 m. Oltre questa
spesso i nevai lasciano spazio a faticosi e mobili sfasciumi, tra i quali
appare e scompare un’accenno di traccia, come un miraggio. Il colle si
avvicina, sulla destra si fa imponente la rocciosa Punta di Sea, a sinistra
l’ombra della Tonini incombe su di noi. Con l’ultimo faticoso tratto su
cedevoli clapeys si esce finalmente al Colle di Sea, a 3100 m di altitudine,
aperto tra la Punta Tonini 3324 m e la Punta di Sea 3217 m. Siamo al
capolinea. Ora è Francia, ora è la Valle dell’Arc. Il panorama è silenziosamente immenso:a sinistra le bianche pareti nord
della Piccola Ciamarella e della Punta Chalanson, oltre lo spallone del
Monte Collerin. Sopra il tormentato ma spettacolare Glacier des Evettes si
eleva imponente e fiero l’Albaron di Savoia 3627 m, dalle forme
indiscutibilmente eleganti. A destra si allunga il solitario vallone des
Evettes, che porta a Bonneval Sur Arc, un tempo centro valligiano con buoni
e frequenti rapporti con le valli di Lanzo, valli e creste arrivano fin dove
si spinge lo sguardo. La vista spazia sul versante francese, nel silenzio totale. (17 settembre 2001) Ed ecco il vallone di Sea, avvolto da una leggera foschia. (17 settembre 2001) E ora? Il vento di
Francia ci passerà attraverso, l’aria frizzante ci rinforzerà dopo la
faticosa salita. Voltatevi, ora, volgete lo sguardo verso il Vallone di Sea,
che avete percorso, che avete osservato da ogni prospettiva. Adesso
guardatelo dall’alto, quando la foschia disegna poetiche forme, tra i
pascoli lontani, il vicino ghiacciaio, le rocce, i ghiaioni, il silenzio
regna sovrano, e sentite una sola voce. E ora non avrete più dubbi, vi
chiederete se dovete proprio tornare indietro, se proprio non potete
rimanere lì, ad ascoltare quella voce, una voce che non dimenticherete: la
voce dell’unica regina di Sea, Solitudine.
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