Monte Piccolo Morion 2833 m. |
Il Morion é, insieme al fratello minore Piccolo Morion, una delle due cime massicce che dominano l'alto vallone dei Sagnasse. La salita al Morion avviene in gran parte senza sentiero, ma solo sfruttando vecchie tracce e vecchi camminamenti di pastori e bestiame. Il terreno è spesso ripido, specie nella parte alta. La salita alla vetta rocciosa può essere delicata, in quanto è necessaria una breve, seppur non tecnicamente difficile, arrampicata su roccia però buona.
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26 settembre 2004 Domenica mattina, fine settembre. La gita prevista per oggi salta, forfait dei compagni di escursione che mi viene dato alle 6 del mattino…devo trovare un’altra meta, siccome non ho voglia di andare in Vallèe da solo. Ed ecco che mi viene in mente l’alternativa. Tenterò la salita al Monte Morion, 2839 m di quota, in val Grande di Lanzo. E’ un po’ che mi gira per la mente questa cima, andrò a vedere com’è. Alle 8.30 sono pronto a partire dai Rivotti, 1460 m. Fa freddino, ma il sole di fine settembre scalda ancora. Salgo fino alle Case Giordano, poi prendo un sentierino che si inoltra nel bosco che comincia già a dipingersi d’autunno..
A sinistra: alba ai Rivotti. A destra: il Morion, dall'aspetto tutt'altro che invitante, domina il vallone dei Sagnasse. Nella salita passo vicino a vecchie baite, e in breve esco sull’interpoderale che porta al lontano Gias Nuovo Fontane. Arrivo velocemente all’imbocco del vallone dell’Alpetto. Ecco là in fondo la mole del Morion. E’ proprio una brutta montagna, dalle forme sgraziate, e da qui appare anche piuttosto repulsivo. Il vallone è sbarrato verso la fine da una fascia rocciosa. Sulla sinistra individuo quello che mi pare, visto da qui, il punto più agevole da superare, costituito da un cengione erboso che sale da sinistra a destra. Mi fermo qualche minuto a studiare anche la chiave di accesso al pendio finale del Morion, anch’esso interrotto a metà da un’alta fascia rocciosa. Si vede un canale erboso al centro del versante, e poi tutto a destra una fascia di erba e detriti che, vista da qui, non pare nemmeno troppo ripida. Vabbè, vedremo quando saremo lassù…
Salendo per vecchie tracce di sentiero, si trovano baite diroccate. Riprendo il cammino, salendo per il vallone senza più un sentiero segnato. Mi barcameno alla meglio tra tracce di bestiame e i sentieri di collegamento tra i vari alpeggi, ancora in gran parte utilizzati, e alcuni di essi sapientemente ristrutturati. Ovviamente in giro non c’è nessuno, vedo solo due cacciatori lontano, su una dorsale. Per il resto ci sono solo io.. Mi avvicino alla paretina rocciosa, sempre cercando la via migliore, seguendo degli ometti arrivo su un vecchio sentiero addirittura lastricato. Quando vedo che questo continua verso ovest lo abbandono, e risalgo a destra per quel cengione erboso che avevo visto da sotto. Ed infatti non sbaglio. Esco al di sopra della scarpata, in un’altra valletta. Anche qui sentieri zero. Proseguo alla bell’e meglio, sfruttando ogni possibile traccia, e toccando diversi gruppi di baite in rovina. E arrivo così alla base del versante sud, a circa 2400 m. Più di 400 metri mi separano dalla vetta, che da qui vedo bene. Una piccola pausa, poi parto all’attacco. Seguo una traccia segnalata da ometti che, puntualmente, si perde nel nulla…proseguo in leggero ascendente verso nord, nord-est, attraversando poi una caotica e infida pietraia di grossi blocchi di gneiss, che lasciano il posto a ciottoli di ogni misura, faticosissimi da risalire. Esco così di nuovo sul pendio erboso, ripidissimo. Mi dirigo sempre verso nord-est, fino ad intercettare una traccia che sale ripida e con stretti tornantini verso l’alto. La seguo, faticando non poco, vista la pendenza. Mi riposo ancora un attimo nei pressi di un torrioncino roccioso, mancano meno di 200 metri. E’ mezzogiorno, l’aria è sempre fredda, nonostante resista ancora in pantaloncini e maglietta. E quando credo di essere a cavallo, ecco che mi trovo in una brutta pietraia a mo’ di conca, sovrastata dalla cuspide terminale, sopra la quale troneggia l’ometto di vetta. Ho un attimo di sconforto. Visto da qui il torrione terminale sembra inaccessibile, senza corda. Sono da solo e non c’è nessuno per chilometri. Il mio intuito mi spinge a provare a vedere se sul lato di Ceresole c’è una via di accesso. O si passa dalla cresta, o si passa da dietro.
A sinistra: la cuspide rocciosa terminale, con l'ometto di vetta. Al centro: il sistema di camini e cenge che permette di salire sulla vetta. A destra: dalla vetta, uno sguardo al lago di Ceresole. Salgo in cresta, su un altro piccolo spuntone. Da qui non si passa…ma lì dietro, sembra che… Scendo nell’opposto versante, gelido, all’ombra. Individuo chiaramente la chiave di salita: un sistema di cengette e piccoli camini, su roccia un po’ rotta, ma abbastanza buona. Cengia, camino, cengia, camino, cengia. Ecco l’ometto! Sono sul torrione finale! Un passo vertiginoso a cavallo della spaccatura che incide la cuspide terminame e sono davvero in vetta! Sono le 12.35.
A sinistra: il Monte Bianco fa capolino dietro il Taou Blanc. Telefoto 300 mm dalla vetta del Morion. Al centro: lo spartiacque val Grande - valle Orco dal Morion. A destra: dalla vetta, uno sguardo al solco della Val Grande di Lanzo. Il panorama è splendido su pianura e valli di Lanzo, e sul Gran Paradiso, versante piemontese. Nonostante qualche refolo di aria gelida, qui in vetta si sta benissimo. Mi concedo una lunga sosta, ed un sonnellino di quasi due ore. Quando mi risveglio, rimango ancora ad osservare il panorama. Il silenzio è impressionante. Non si sente nulla, fischiano le orecchie.
A sinistra: la targhetta nei pressi della vetta. Al centro: autoscatto di vetta. A destra: dalla vetta, uno sguardo all'alto vallone di Vercellina. A malincuore, alle 15.35, lascio la vetta. Ridiscendo per la via di salita, fino alla conca di 2400 m. Poi piego verso sud-est, per intercettare la lunga dorsale che separa i valloni di Vercellina e dell’Alpetto. E’ bello scendere a queste ore, in quest’ambiente assolutamente solitario, nella luce tardo-pomeridiana di fine settembre. Verso i 2000 metri abbandono la cresta, scendendo per un pendio di rododendri e ginepri, fino ad uscire finalmente su un terreno più docile, nei pressi di alcune belle baite, dove mi disseto alla fontana.
A sinistra: ancora uno scatto dai pressi della vetta. Al centro: uno sguardo al percorso di discesa. A destra: in discesa sulla Cresta di Pra Longis, "looking to the east"... La parte più difficile è andata, il Morion è dietro di me. Riecco la poderale, il sole tramonta, e attraverso il bosco l’aria frizzante comincia a farsi sentire. Alle 18.20 finalmente sono alla macchina, stanco, ma soddisfatto. Un altro tassello dello spartiacque val Grande di Lanzo-Valle Orco è andato: mancano poche vette e avrò salito tutte le sommità della dorsale che dalla Levanna Orientale scende fino a Cima Mares. Per un attimo penso già a quale sarà la prossima…ma no, non ho voglia di pensarci oggi. Oggi mi godo la soddisfazione di questa salita improvvisata e bellissima. Il Morion è cosa fatta; per le prossime c’è tempo: adesso è ora di tornare a casa. Roberto Maruzzo-socio CAI-Lanzo |
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