Scialpinismo

 

Cima Autour 3021 m
 

 

 
Info gita  
Partenza: Pian della Mussa, cappella dei Bersaglieri 1715 m
Tempo di salita: 4 h 30 m
Dislivello: 1350 m compresi saliscendi
Difficoltà: BS (ramponi a volte utili)
Esposizione N, E poi NO
Periodo: marzo - giugno

 

13 aprile 2003
La Cima Autour da Balme, coi suoi bei 1590 m di dislivello rappresenta una super-classica per “scialpinisti duri”. Dal Pian della Mussa, invece, presenta un interesse paesaggistico non indifferente. E’ un paio d’anni che mi gira per la testa, ancor più dopo averla salita in un caldo giorno di fine ottobre (vedi su Valli di Lanzo Outdoor, sulle pagine di questo sito), e ogni volta che salgo a Balme e vedo i suoi pendii settentrionali dalla Provinciale.
 

E’ una fresca domenica di aprile, ci troviamo a Lanzo alle 6.30, siamo ben in otto (Io, Barbara, Franco “il guru”, Lauro, Stefano, Beppe, Alessio e Guido). Distribuiti in tre macchine risaliamo la valle di Ala, il cielo è sereno, si prospetta una gran giornata. Arriviamo al Pian della Mussa ancora innevato, quando il primo sole lo sta inondando. La consueta battaglia con gli scarponi, forse il momento più duro della vita dello scialpinista, accendiamo gli ARVA, e ci apprestiamo a partire, sci ai piedi, attraversando la Stura, e dirigendoci verso gli alpeggi Sabbione e Ghiaire, sempre tra radi larici, percorrendo il vallone bagnato dal Rio d’Arnas. La traccia piega poi a sinistra, e comincia a salire il pendio, su dossi e vallette, in un ambiente molto pittoresco, e si arriva così in vista del Colle Sud del Tovetto 2167 m, che si raggiunge per bei pendii tra i larici. Ora ci aspetta il primo traverso, su pendii esposti ad est, con neve fresca su fondo duro..non è il massimo, e poi oggi il bollettino valanghe dava pericolo 3, abbastanza altino. Quando la neve è ben dura, si può anche rimanere alti, perdendo meno quota possibile, ma se il pendio “puzza”, meglio scendere di almeno una cinquantina di metri, come facciamo noi, e poi risalire, con fatica, perché la neve fresca, una farina gessosa, scivola via in blocco, e le pelli non fanno molta presa sulla neve dura sottostante. Sarebbe intelligente mettere i coltelli, ma vedendo tutti gli altri salire senza i miei problemi, e non avendo voglia di rovistare nello zaino, cerco di farne a meno, con conseguenti tribolazioni..

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A sinistra: il colle sud del Tovetto.

A destra: il primo tratto delle Rocce Le Pariate.

Arriviamo così al Pian degli Alamant, a circa 2400 m, di fronte a noi sono ben visibili le tracce che salgono al Passo delle Mangioire, altra classica salita della zona, prossimo oggetto delle mie brame di conquista. Dopo un briefing ci dirigiamo invece a sinistra, come previsto, verso un evidente canale, ripiduccio e in alto un po’ stretto, che risaliamo faticosamente, togliendo gli sci nell’ultimo tratto, poiché c’è solo una lingua di neve, troppo stretta per salirla senza problemi, e tante pietre. Solo la mitica Barbara e Lauro riescono, non si sa come, a salire senza togliere gli sci, come due extraterrestri..Sbuchiamo così sul Colle delle Pariate a circa 2570 m. Brevissima pausa, poi ci innalziamo lungo la dorsale delle Rocce Le Priate, e verso i 2650 m, la “scissione” del gruppo: ci aspetta un lungo diagonale, in leggera discesa, fino a puntare alla base del contrafforte N-E della Punta Lucellina. Due di noi, Franco e Guido, rinunciano, e di qui in poi proseguiamo in sei. La locomotiva “Barbara”, seguita da Lauro e Stefano, parte ingranando la quarta. Io esito un poco sul da farsi, poi prendo una decisione chiara e mi lancio all’inseguimento, e così fanno, dopo uguali tentennamenti, anche Beppe e Alessio. Quindi in breve, con qualche scivolata, siamo alla base del contrafforte. Questo traverso, non è sempre simpatico: infatti oggi, la neve fresca scivola via sul fondo duro, e non è che ti lasci proprio tranquillo…bisogna saper fiutare bene le condizioni del manto nevoso, e diciamo che oggi ci assumiamo un piccolo rischio, anche se la neve è poca, a volte basta quella poca per fare la frittata…

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Il colle delle Pariate.

Oltre si apre il bel valloncello-canale che porta al Passo Casset 2927 m. Il terreno si fa più ripido, i 30 cm di farina gessosa ci fanno fare una fatica boia, ma continuiamo, imperterriti, dritti verso la meta, nonostante il sole sia oramai sparito dietro ai primi imponenti cumuli primaverili, e abbandoniamo il valloncello per risalire direttamente il pendio N-O della Autour, e così sbuffando non poco (tranne Barbara, lei di fiato ne ha da vendere!), arriviamo in vetta con gli sci ai piedi, alla spicciolata. Quando è sereno il panorama è di prim’ordine, come la prima volta che salii questa cima, un sabato di fine ottobre del 2001, in una delle mie gite semi-solitarie tra le malinconie d’autunno. Oggi si vede ben poco, a parte qualche breve sguardo verso la nord del Monte Servin, e tutta la discesa verso i Cornetti. Per via del freddo, ci prepariamo subito a scendere, senza mangiare. Io e Stefano quasi urliamo dal freddo alle mani, ma dopo due curve torniamo in temperatura.. La mancanza del sole limita la visibilità, ma si scende ancora egregiamente, e sapendo sfruttare alcune placche ventate portanti, scendiamo tutto il pendio N-O, e poi il valloncello, andando a sfruttare tutte le zone con la neve migliore.

Il diagonale ci costringe, onde evitare fatiche inutili, a rimettere le pelli (tranne, ovviamente, i soliti Barbara e Lauro..), e superatolo in breve tempo (20’), ci aspetta l’elettrizzante discesa dal Colle delle Pariate, prima per quella stretta lingua di neve (passano solo gli sci in larghezza..) e poi per ottima neve trasformata, fino al Piano degli Alamant, con la neve via via più molle. L’ultimo traverso al colle del Tovetto, sempre con le dovute cautele, e poi, dopo una pausa, la discesa su una neve che avvicinandoci al fondovalle diventa quasi un cemento, ma ancora sciabile..

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A sinistra: finito il traverso, verso la nostra vetta.

A destra: la dorsale finale della Cima Autour.

Arriviamo alle macchine spingendo un po’, ma soddisfatti. Visto che non abbiamo praticamente fatto pranzo, durante il ritorno ci fermiamo a Ceres, per concederci il “riposo del guerriero”. Una birra media ed un panino al lardo, che ci lascia senza parole, due risate, mentre, anche se stanchi (e, almeno io, con le ossa un po’ rotte),  già si pensa a nuovi programmi, a nuove gite: concludiamo così la nostra scialpinistica alla Cima Autour, remota cima della val d’Ala.   

 

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