Testa della Tribolazione 3642 m. |
Il vallone di Noaschetta è uno dei più selvaggi e belli del versante
piemontese del Parco Nazionale del Gran Paradiso. Questa è una gita
faticosissima, ma che regala emozioni e panorami selvaggi, solitari,
aspri, e meravigliosi. Purtroppo col ritiro dei ghiacciai la salita
non è semplice, si svolge in gran parte su terreno instabile e
franoso, conviene effettuare la salita ad inizio stagione, pestando
un po di neve ma le difficoltà specie nella parte mediana saranno
minori. E' anche possibile salire al Noaschetta dalla frazione
Balmarossa di Noasca, evitando così la faticosa risalita il secondo
giorno al colle dei Becchi, ma facendo circa 600 m di dislivello in
salita in più il primo. Personalmente, dovessi rifare una gita dal
bivacco Ivrea, partirei da Balmarossa e non più dal Teleccio.
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29 e 30 luglio 2006.
"Ho visto cose che voi umani
non potete nemmeno immaginare"
A sinistra: il Becco Meridionale della Tribolazione Al centro: salendo al colle dei Becchi A destra: in discesa sul versante di Noaschetta una sosta al laghetto La salita al colle dei Becchi è estenuante, nel continuo cercare il passaggio prima su una friabile morena, poi in un caotico ammasso di macigni di tutte le dimensioni, non sempre stabili sotto i piedi. Arriviamo alla spicciolata al colle, a 2990 m, orrido e repulsivo, e avvolto da qualche nebbia. Laggiù, lontano, un puntino giallo rappresenta il bivacco Ivrea. Veloce pranzo, poi la discesa, laboriosa e faticosa, sull'ancora più caotica pietraia del versante di Noaschetta. Mezz'ora abbondante di passione solo per scendere 150 metri di dislivello in quel labirinto. L'idea di dover risalire il giorno dopo di qui, mi fa venire da piangere. Meglio non pensarci.
A sinistra: i Becchi della Tribolazione dal versante di Noaschetta Al centro: due immagini del bivacco Ivrea A destra: il bivacco e le nebbie che risalgono dal fondovalle Sostiamo un po verso un laghetto, poi per una strada di caccia ancora in buono stato, scendiamo verso il pianoro sottostante il bivacco, che raggiungiamo alle 15.30 dopo un simpatico guado e un po' di salita. Non c'è nessuno, il piccolo baraccotto di legno e lamiera gialla è tutto per noi. Finalmente ci rilassiamo, un sonnellino e un bel rovescio di pioggia causato dai soliti addensamenti del versante piemotese del Gran Paradiso di una mezz'ora ci porta all'ora di cena, quando si riapre il cielo ed esce un sole che ci riscalda per bene. La cena è abbondante, dopo ci godiamo il silenzio di questo magico angolo di Paradiso che è il vallone di Noaschetta.
A sinistra: il sole illumina il bivacco Al centro: nubi temporalesche si allontanano dietro i Becchi A destra: relax dopo la cena... Alle 21.30 è ora di ritirarsi, la sera e la stanchezza prendono il sopravvento. La notte passa bene, alle 5 la sveglia. Patty decide di dare forfait per pigrizia, rimaniamo in tre a tentare la vetta. Così, dopo la colazione, io, Alex e Beppe partiamo alle 5.50 dal bivacco, col chiarore del nuovo giorno. Guadiamo il torrente e risaliamo la ripidissima morena dietro il bivacco. Superatala faticosamente ci troviamo davanti ad un poetico pianoro di ghiaia solcato da tanti rii. Del ghiacciaio di Gay nemmeno l'ombra. Poi comincia il bello.
A sinistra: l'alba del nuovo giorno, mentre risaliamo la morena dietro il bivacco Al centro: la piana alla base delle morene del ghiacciaio di Gay A destra: beppe avanca in quello che dieci anni fa era il ghiacciaio. Sullo sfondo il colle Gran Crou. Al posto del ghiacciaio, del quale resistono solo poche lenti di ghiaccio nerastro, c'è un'immensa distesa di pietre, terriccio, macigni enormi che si muovono appena li sfiori. Dello scivolo che saliva al colle di Gran Crou non rimane niente. Solo sassi e una parete in sfacelo. La salita si fa faticosissima. In qualche modo, tra rocce montonate e pietre che scivolano via sotto i nostri piedi, arriviamo a quella che pensavo fosse la lingua terminale del ghiacciaio di Gay, che ci accoglie con una bella scarica di sassi (alle 7 del mattino..). mettiamo i ramponi, ma mordono ben poco su questo ghiaccio vecchio e duro come il marmo.
A sinistra: ciò che rimane della fronte del ghiacciaio di Gay Al centro: il sole illumina le valli di Lanzo e di Ceresole A destra: ci avviciniamo alla fronte del povero ghiacciaio Questo tratto ci impegna fisicamente e psicologicamente, anche il tratto nevoso è durissimo e i ramponi fanno fatica a mordere. Quindi la sorpresa. Ancora pietraie, ancora immondi sassi, ancora terreno schifoso. Togliamo di nuovo i ramponi, attraversiamo gli sfasciumi, li rimettiamo sul pezzo di ghiacciaio che una volta risaliva fin sulla vetta della Testa di Gran Crou. Rimane una gobba di ghiaccio nero, con qualche crepaccio, duro anche questo come il vetro. Del canalone nevoso del colle di valnontey nessuna traccia, solo una lingua che deborda dalla valle di Cogne. Il colle di Noaschetta, segnato come di accesso banale su ghiacciaio su libri di appena 10-15 anni fa, è impraticabile. Una parete in sfacelo ne impedisce l'accesso. Il primo tratto del canalone è estenuante e pericoloso. Pietre instabili di tutte le dimensioni, pendenza 35°, si muove tutto ad ogni passo. A metà Alex e Beppe si stufano, risalgono direttamente la parete sud della Testa di Valnontey. A me non ispira, proseguo nel canalone che si appiattisce e dove le pietre diventano più stabili.
A sinistra: la marcia faticosa verso il colle di valnontey Al centro: rigonfiamento del ghiacciaio di Gay A destra: ghiacciaio di Gay e colle di Valnontey Evito il ripido nevaio arrampicandomi sulle rocce della Testa della Tribolazione, uscendo poco sopra il colle. Sono già le 9.15. Riprendo fiato, i due soci sbucano sulla Testa di Valnontey. Per quanto mi riguarda, quella rimane lì. La cresta che si alza dal colle, seppur cortissima, mi da l'aspetto di venir giù solo a guardare. I due soci scendono e mi raggiungono. decidiamo di tentare la testa della Tribolazione, pare più semplice. E così è. Finalmente rocce abbastanza stabili. La superiamo abbastanza facilmente, son tutte roccette e passaggi di II-II+ al massimo, quasi mai esposti. Riesco anche a farmi male, strisciando il braccio destro su una lama di roccia e procurandomi dei profondi tagli. Pago col sangue il tributo a questa vetta.
A sinistra: i resti del ghiacciaio di Noaschetta Al centro: ghiacciaio della Tribolazione e Herbetet dalla cresta della Tribolazione A destra: la Testa di Valnontey si eleva sopra il colle Della cresta nevosa ne rimane ben poco, fino all'anticima riusciamo ad evitarla. Un ultimo tratto di neve e siamo sulla vetta, finalmente. Che spettacolo. Tutta la Valnontey sotto di noi, il ghiacciaio della tribolazione, il Gran Paradiso con ciò che resta della parete est. Che desolazione sti ghiacciai. Da quando sognavo di essere quassù, quasi 17 anni fa, è cambiato tutto. Le montagne sono irriconoscibili. Ci abbiamo messo mezz'ora a salire, ci rilassiamo, ma poi è ora di abbandonare questo silenzio. Scendere la cresta è meno peggio del previsto, alla fine non utilizziamo la corda. Poi comincia il bello. scendiamo coi ramponi il primo ripido nevaio del colle. E quindi giù alla bell'e meglio nel canalone, muovendo pietre e provocando frane ad ogni passo, una delle quali travolge il povero Beppe che per fortuna riesce a limitare i danni.
A sinistra: Becca di Noaschetta e ghiacciaio omonimo Al centro: ghiacciaio della Tribolazione, Piccolo Paradiso, Becca di Montandaynè e Herbetet A destra: Beppe sul colle di Valnontey
A sinistra: Beppe risale per la cresta Al centro: la parte finale della Testa della Tribolazione A destra: Alex arrampica Usciamo anche da questo inferno, siamo di nuovo sul ghiacciaietto. La discesa della lingua terminale è delicata, il ghiaccio sporco di detrito tradisce e mi pianto un bel volo anche io, ferendomi stavolta al palmo destro. E che palle! bestemmiando esco dal ghiaccio, mi sciacquo le ferite che bruciano da matti. Ci riposiamo un attimo, poi giù per l'immensa pietraia, faticosa, calvario per ginocchia e schiena, mentre la stanchezza si fa sentire. Ed è ancora lunga. Riattraversiamo il pianoro sabbioso, dove finalmente mi passano i dolori alle ginocchia, poi l'ultima ripidissima morena e siamo al bivacco, dove ci sdraiamo esausti. Sono le 13.20. Facciamo pranzo, poi prepariamo lo zaino e alla spicciolata partiamo verso il colle dei Becchi. Io parto per ultimo, abbandonando questo luogo selvaggio, lasciandolo di nuovo ai camosci.
A sinistra: io in cresta, a pochi metri dalla vetta Al centro: il solco della valnontey, visto dai pressi della vetta A destra: l'ultima cresta nevosa prima delle roccette finali
A sinistra: la parete est del Gran Paradiso e quel che rimane del grande lenzuolo nevoso salito da Frassy... Al centro: tributo di sangue alla Tribolazione... A destra: la targhetta del CAI Rivarolo sulla vetta. La salita al colle è eterna. SOprattutto i 150 metri di pietraia, che superiamo con fatica immane. Arriviamo al colle quasi strisciando. Mentre ci riposiamo sale su una colonna di scout con degli zaini paurosi. Non li invidio, non li invidio proprio e mi fanno quasi pena, sapendo la discesa che li aspetta.. Ripartiamo, la discesa è nuovamente estenuante, quando finalmente arrivo su un praticello di erba verde mi butto per terra e metto i piedi a mollo nell'acqua gelida. Mi raggiungono anche Patty ed Alex, Beppe deve essere già quasi al Pontese.. che è lontanooo! Discesa finalmente su un sentiero, torniamo a vedere il verde e respirare il profumo dell'erba dopo tante pietre.
A sinistra: la parete est del Gran Paradiso e quel che rimane del grande lenzuolo nevoso salito da Frassy... Al centro: il solco della Valnontey A destra: le nebbie risalgono dal vallone di Noaschetta
A sinistra: io in vetta Al centro: cominciamo la discesa A destra: in discesa poco prima del colle Arrivo al Pontese alle 18.10. Esausto. Decidiamo di fermarci a cenare qui, la mitica Mara ci prepara una polenta con formaggio e un po di affettati. Un bel po di vino e ci ritempra le forze. Ora si comincia a ragionare. Ci concediamo ancora un sigarillo di fronte al lago, poi ci aspetta l'ultima fatica. Il ripido sentiero che scende dal rifugio, ormai andiamo per inerzia. Ecco la stradina, ecco la diga, ecco le macchine... La gita è finita. Sono le 20.10, è più di 14 ore che siamo in movimento. Il buio avanza, a Favria il gruppo si divide, alle 22 finalmente sono a casa. Distrutto, ma soddisfatto. Sognavo da molto tempo di salire su quella montagna che domina la Valnontey. E' stata dura, faticosa, quello che si vuole, ma quel panorama è valso la fatica.
A sinistra: la delicata discesa del colle di Valnontey: Beppe poco prima della frana che lo travolgerà.. Al centro: autoscatto nel pianoro sabbioso.. A destra: il rifugio Pontese E questa gita mi ha portato anche a riflettere. Possiamo buttare tutte le relazioni che hanno più di 5 anni. La montagna è cambiata, al posto dei ghiacciai rimangono in molti posti solo schifose pietraie. Comunque il dente me lo son tolto. Anche di questa gita serberò ricordi, emozioni e fatiche indimenticabili. Fa parte dell'andare in montagna. La Testa della Tribolazione: un nome, un programma.... Roberto Maruzzo-socio CAI-Lanzo |
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