Becca Trecarè 3033 m - Punta Falinere 2762 m - Cima Fontanafredda 2520 m.


La conca di Cheneil in autunno diventa un angolo di rara poesia. Solitaria, solare, variopinta. L'escursione che propongo qui è lunga ed impegnativa, ma se affrontata col giusto spirito e con una giornata limpida come solo si trovano in autunno, la si troverà indimenticabile. I tratti più impegnativi sono la salita alla Becca Trecarè, per la cresta ripida e un po aerea verso la fine e la salita alla Punta Falinere, da affrontare se la cresta è libera di neve. Qui è necessario fare molta attenzione per la ripidezza del terreno, ed è quasi d'obbligo l'uso delle mani.
  • Partenza: Cheneil 2105 m

  • Tempo di salita: 5,30-6 h il giro completo

  • Dislivello: 1150 m complessivo

  • Difficoltà: EE+

  • Periodo consigliato: metà giugno – ottobre

24 ottobre 2004.

Siamo alle solite. L'anticiclone si è impadronito del Mediterraneo. E non si schioda di qui. Le giornate si susseguono splendide. Anche oggi, qui in quota è una giornata che promette bene. Il parcheggio di Cheneil è deserto. Del resto è abbastanza presto, e siamo quasi alla fine di ottobre. Saluto i miei e mi incammino, nell'ombra e nella brina, per il bel sentiero. Mi inoltro nel bosco di larici, nessuno davanti a me, nessuno dietro. Sono solo. L'aria è frizzante, ma non troppo.

   

A destra: il primo incontro con il Cervino, appena sopra Cheneil.

Al centro: Il Cervino sparisce alla vista dietro le propaggini della Becca d'Aran.

A destra: Le Grandes Murailles ed il Cervino.


Salgo tranquillo, respirando l'aria di ottobre a pieni polmoni. Sento dei passi. Un ragazzo con passo da skyrunner mi raggiunge, saluta e passa oltre. Sparito. Sono di nuovo solo.
Cammino con me stesso, a circa 2000 metri mi fermo per una pausa. Non fa freddissimo, ma vorrei arrivare presto al sole. Il Nobile Scoglio si è di nuovo nascosto dietro i pendii d'erba bruciata dal gelo della Becca d'Aran. Riparto. Passo per alcune vecchie baite, mezze in rovina. Proseguo. Sono quasi al sole. Eccolo, sbuca dal colle Croux, mi acceca.

   

A destra: salendo al Colle Croux, vista verso il Monte Roisetta 3334 m.

Al centro: la costiera della Punta Fontanella, Punta Tzan, Mont Rouge, Chateau des Dames.

A destra: il versante di Chamois visto dal colle Croux (o des Fontaines).

Camminare col sole radente mi infastidisce, ma il suo tepore comincia a scaldarmi il viso. Rientro in ombra, un pianoro, l'ultima rampa, la prima neve gelata d'autunno, ed eccomi al sole pieno. Sono a 2697m, 24 di ottobre, il sole è rovente. Mi abbiglio in tenuta estiva, faccio una pausa. Non c'è nessuno. Mi giro a guardare il percorso di salita. Scorgo delle sagome dietro di me. Qualcuno c'è - penso -ma so che lassù sarò solo. Solo le onde della mia radio mi legano con qualcuno, con la mia famiglia. Per il resto sono solo, solo io posso farmi compagnia.

   

A destra: la cresta nord est della Punta Falinere vista dal colle Croux.

Al centro: Il Cervino appare dietro la Becca d'Aran.

A destra: scendendo dal Colle Croux, uno sguardo indietro.

La valle centrale di Aosta è avvolta nella foschia. La cresta di qua prosegue verso la Punta Falinere. Di là sale alla mia Becca Trecarè. E1 l'obiettivo della giornata. Fa davvero caldo. Quasi mi spiace ripartire. Scendo per un bellissimo sentiero a mezzacosta. Il deserto intorno a me mi invoglia a fermarmi, osservare, meditare, dormire. Ma proseguo, in leggera discesa, respirando l'odore di quest'erba secca, della roccia, della terra. Ascoltando le ultime cavallette frinire tra i ciuffi di olina color d'oro.

   

A destra: fioriture autunnali?

Al centro: un sentiero verso il cielo.

A destra: giochi di acqua, ghiaccio e luce nel vallone che porta al col di Nana.


Un laghetto, il ghiaccio. Sono segnali d'inverno. Faccio il giro di questa pozza d'acqua. Giochi di luce sulla superficie gelata, sempre silenzio. Riprendo il cammino. II sentiero prosegue, in questo ameno vallone, dominato dalla Becca Trecarè e dal Bec di Nana. Tornante, mezzacosta, tornante, mezzacosta. Arrivo al col di Nana, a 2775 m, che rimango impietrito di fronte allo spettacolo del Monte Rosa, quasi al completo, dalla Punta Giordani al Breithorn Centrale.

       

A destra: tre immagini del gruppo del Monte Rosa visto dal col di Nana.

Al centro: dal col di Nana verso il Gran Paradiso.

A destra: la cresta di salita alla Becca Trecare,

Da restare senza parole. Tracce nella neve si perdono in discesa sul versante opposto del valico. La dirupata cresta del bec di Nana incombe alla mia destra. Sulla sinistra invece si intuisce la traccia che porta alla Trecarè.
Silenzio, sempre silenzio. Oggi mi accompagna ogni minuto. Le persone che avevo scorto dietro me, dal colle Croux, non ci sono più. Si saranno fermate al colle. Solo qualche gracchio, con i loro volteggi nel cielo blu cobalto, a farmi compagnia. Risalgo il primo pendio, detriti, neve in fusione, rivoli d'acqua, ghiaccio. E il sole. Un sole che picchia duro, nonostante sia a 2800 m, e sia a fine ottobre. Le ottobrate, le chiamano. Meravigliose. Le vorrei tutto l'anno.

     

A destra: la cresta nord est per la salita alla Trecarè.

Al centro: dal col di Nana, le prime nevicate autunnali.

A destra: due zoomate sul Rosa: dal Breithorn orientale al Lyskamm e da questo alla Giordani.

La mole del Petit Tournalin nasconde ormai tutto il Rosa. Attraverso una conca pietrosa, sfasciumi, rocce, sassi, terriccio, neve. Arrivo sulla cresta nord-est. Mi affaccio. Il versante opposto, innevato di fresco, precipita verticalmente sulla conca di Cheneil, riappare la Roisetta, la Becca d'Aran, il Cervino. Un attimo per riprendere fiato, e ricomincio il cammino, salendo la cresta. Ne percorro il filo fedelmente, rimanendo a lungo sospeso tra l'autunno e l'inverno, guardando l'uno e l'altro versante, voglendo lo sguardo verso la valle avvolta nelle brume autunnali, e verso le nobili rocce della Piramide Perfetta. E silenzio, sempre silenzio.

   

A destra: ultimo tratto della cresta.

Al centro: vista verso la valle centrale.

A destra: la croce di vetta è ormai a portata di mano.

Ci siamo quasi. Gli ultimi passi, le ultime roccette, sono in vetta. Ovviamente solo. Non si vede anima viva per chilometri. Un palo in legno al quale è legata una maglietta della pace. Questa è la vetta. Ciò che vedo coi miei occhi non è descrivibile a parole. E nemmeno con le foto. Ciò che vedo, e che sento, rimane impresso nella mia mente. Incredibile. Sono a 3033 metri di quota, 24 ottobre, in pantaloncini e t-shirt. Voglio portare a casa la maggior parte di ciò che vedo coi miei occhi. Scatto foto per 20 minuti.

   

A destra: le pendici del Bec di Nana e in lontananza le Dame di Challand.

Al centro: la croce di vetta, con dietro il massiccio del Monte Rosa.

A destra: il Gran Paradiso si erge dalle foschie e dalle brume della valle centrale di Aosta.

   

A destra: la cresta nord est della Falinere vista dalla Becca Trecarè.

Al centro: La Gran Becca, particolare.

A destra: vista sulla valle d'Ayas.

Ma una foto non renderà mai quanto vedere questi spettacoli dal vivo. E soprattutto, nella foto, non si potrà mai inserire il silenzio che sento in questo momento, e gli odori d'autunno che sto respirando. Le montagne emanano un qualcosa di estremamente poetico, con il loro aspetto, con i loro versanti color ruggine, chiazzati dalla prima, leggera, bianchissima neve.
Che pace. E' ora di pranzare. Ieri sono stato nelle Langhe. E infatti il mio pranzo è costituito da pane, salame al barolo, castelmagno, vino nebbiolo. E' poesia anche questa, se si vuole. E poter pranzare in santa pace, in santa solitudine, ad oltre 3000 metri di quota, al caldo, con calma, è qualcosa che non ha prezzo.

   

A destra: autoscatto di vetta.

Al centro:altra immagine verso le Grandes Murailles ed il Cervino.

A destra: ancora il Monte Rosa.


E i vapori di Bacco mi trasportano presto in un dolce sonno. Mi addormento come un bambino, appena dopo pranzo. D silenzio, il caldo, la pancia piena fanno il resto..Mi sveglio per caso, dopo un'ora. Nulla è cambiato, nel frattempo. Sono sempre e solo io quassù. Interrompo per un attimo questo isolamento totale dal mondo esterno. Chiamo via radio la famiglia, giusto per avvertire che va tutto bene e che fra poco lascerò la vetta. Poi ritorno nel mio isolamento.

   

A destra: le foschie nel fondovalle aumentano di spessore.

Al centro: il dirupato versante che da sulla conca di Cheneil. In lontananza il Lago di Cignana.

A destra: uno sguardo verso l'itinerario di ritorno.

   

A destra: uno sguardo al vertiginoso versante nord.

Al centro: effetto seppia sulla Gran Becca (1600 x 1200 pixel)

A destra: ancora foschie autunnali sul versante di Chamois.


E1 ora di lasciare quest'oasi di tranquillità. L'ultimo sguardo verso la Falinere, una decisione: ci provo. Decido quindi di tentarne la salita. Ritorno al col di Nana. Senza mai forzare il passo, senza correre. Oggi ho deciso di dare tempo al tempo. Riprendermi di diritto ciò che la vita di tutti i giorni ci toglie senza pietà. Rieccomi al colle. Uno sguardo al Rosa, poi giù. I dolci pascoli bruciati dal gelo, deserti, senza anima viva, mi invoglierebbero a scendere versi Chamois. Ma voglio tentare quella salita. Risalgo al colle Croux.

 

A destra: formazioni calcaree sulle pendici della Becca d'Aran.

A destra: controluce sulla prima neve autunnale.

   

A destra: scendendo dal col di Nana.

Al centro: aquitrini e colori autunnali.

A destra: particolare della cresta nord est della Falinere (1600 x 1200 pixel)

Una pausa, uno sguardo intorno. Nessuno. Attacco la cresta. Prima facile, anche se rocciosa. Proseguo, mi sposto sul versante di Chamois, i pendii erbosi sono ripidissimi. Cerco la va migliore. La trovo. Tracce, terriccio, erba, roccette. Un attimo di pausa. Riprendo fiato. Un ultimo sforzo, le ultime roccette, una facile arrampicata, sono in vetta. Sono le tre del pomeriggio passate. Rivedo la mia Trecarè laggiù, verso nord-est. Ne ho fatta di strada oggi.

   

A destra: ultimi metri di cresta sulla Punta Falinere  (1600 x 1200 pixel).

Al centro: la croce di vetta  (1600 x 1200 pixel)

A destra: autoscatto sulla Punta Falinere.


E adesso? Che fare? Proseguo, che devo fare, se non camminare ancora? La valle centrale ormai è un tutt'uno con la foschia. Emergono solitali Emilius, Gran Paradiso, Rutor, montagne note e meno note, creste e valli, tutto amalgamato in un quadro impressionista. Indescrivile. Il sole è sempre più basso.
Scendo per le roccette finali, poi di nuovo pascoli di erba bruciata, e di nuovo terriccio, pietraie, e riecco un sentiero. Raggiungo il Santuario di Clavalitè, il colle di Fontanafredda.
L'arrivo degli impianti di sci che salgono da Chamois, ritrovo segni di civiltà. Se così la vogliamo chiamare.

   

A destra: l'intera cresta dalla Falinere scende al Colle Croux, risale alla Becca Trecarè, scende poi al col di Nana e risale al Bec di Nana.

Al centro: la cresta che scende verso sud ovest alla Cima Fontanafredda.

A destra: fioriture autunnali..

Sono quasi le 16. Decido di completare la cavalcata. Risalgo alla punta Fontanafredda, 2512 m. Foschia, tutta la valle d'Aosta è immersa in una foschia che si taglia con un coltello. I controluce verso il Mont Emilius regalano giochi luminosi indescrivibili. Ed è qui che scambio due parole con le uniche due persone che praticamente ho incontrato in tutto il giorno. Due parole, un saluto, ed ognuno ritorna per la loro strada. Siamo gente strana, noi che andiamo per montagne.

     

A destra: la cresta sud ovest della Punta Falinere appena scesa.

Al centro: il santuario di Clavalitè.

A destra: due scatti controluce tardo pomeridiani sulla Cima Fontanafredda.


Rimango di nuovo solo. Lascio anche questa vetta, scendo al colle e mi immergo nell'ombra. Non sapevo nemmeno pia cosa fosse. Qui resiste la brina, e in effetti l'aria si rinfresca. Ecco i larici, colori d'autunno, ormai siamo quasi alla fine. Sole, ombra, sole, ombra.
E' un alternarsi di luce e buio, la mia discesa a Cheneil. Ci siamo quasi. Eccomi. Le baite di Cheneil, il fumo che esce dai camini, la famiglia. L'avventura è conclusa. Il freddo avanza, l'ombra pure, il sole si abbassa sulle Grandes Murailles.

       

A destra: l'intero percorso dalla Becca Trecarè, passando per la Falinere, visto dalla Cima Fontanafredda.

Al centro: ancora uno zoom sul Cervino.

A destra: ultimi due controluce sulle brume autunnali della bassa valle.

         

Carrellata di immagini sui colori d'autunno immortalate nel rientro a Cheneil, nel tardo pomeriggio.


Ho compiuto una cavalcata solitaria tra le montagne d'autunno. Ancor auna volta. Forse è inutile ripetersi. Ma quando arrivo al deserto piazzale di Cheneil, quando mi tolgo lo zaino di spalla, mi tolgo gli scarponi, mi cambio, so che quello che ho vissuto oggi lassù è solo mio. Nessuno, oltre me, potrà raccontare, tenersi per sé, farne tesoro, ciò che ho visto oggi.

 

Particolari di vecchie baite a Cheneil, nella luce del pomeriggio.

   

A destra: colori autunnali di un larice.

Al centro: il Cervini mi saluta per l'ultima volta, nascondendosi dietro i larici dorati.

A destra: un ultimo sguardo alla conca di Cheneil.


Sì, è solo una gita in montagna, una gita come le altre - direte voi. Per me non è così.
Questa giornata è stata indescrivibile, dall'inizio alla fine. Forse mi dispiace averla vissuto in gran parte da solo, forse no. Forse volevo fosse così. Forse era scritto che dovesse essere così. Non lo so, non lo saprò mai.
Una cosa è certa: oggi, una volta in più, un giorno in più, una gita in più, ho avuto la conferma:
questo è il mio mondo.
Villanova, 13 gennaio 2005.

Ed eccomi alla fine dell'avventura: oggi sono pieno di vita.

Maruzzo-socio CAI-Lanzo


 

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