POLLUCE 4091 m |
Il Polluce 4091 m è uno dei più bei 4000 del Rosa. Molto
frequentato, è una salita di discreto impegno fisico se effettuata
da S. Jacques visto il notevole dislivello, e di impegno tecnico
relativamente facilitato dalla presenza di corde fisse nel tratto
roccioso finale, circa 30 m di dislivello, con difficoltà
alpinistiche che, se non ci fossero i "canaponi", arriverebbero al
III-III+. Non per questo va sottovalutata, il camino finale spesso è
verglassato, e la prima parte di cresta di sfasciumi è a rischio
caduta pietre. E' consigliabile una corda da 60 metri per scendere
in doppia il tratto roccioso, così da "levarselo" prima possibile.
Casco molto consigliato.
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5 e 6 settembre 2009. Dopo tre settimane di pausa dalla montagna, passate tra mare, turismo e lavoro, il 5 e 6 settembre sono tornato a faticare su per i bric. Il nostro obiettivo è l’ultimo 4000 della stagione, il Polluce 4091 m, che sto puntando già da qualche anno. Partiamo una fresca mattina di settembre da Frachey, frazione di Ayas, sotto uno zaino immane. Le tre settimane di “riposo” le patisco un po’, ho tutti i muscoli che tirano. Sorpassiamo Fiery, ed arriviamo al sempre splendido Pian di Verra. Passiamo dal bellissimo lago Blu, per scavalcare poi la grande morena ed entrare nel valloncello che porta al Pian di Verra superiore. Si ritorna sulla morena con sentiero faticoso, a quota 2550 circa ci fermiamo per mangiare qualcosa. Il rifugio è ancora lontano, quando riparto mi carico anche la corda, ed il peso dello zaino diventa insopportabile. Salgo con passo regolare sbuffando come una locomotiva, Gianpaolo è un po’ dietro, ci ricompattiamo al rifugio Mezzalama, che con mia sorpresa è già chiuso. Proseguiamo e la marcia si fa più faticosa, su per le rocce montonate, poi il breve ghiacciaio che superiamo comodamente senza ramponi, quindi l’ultimo, devastante tratto di sfasciumi. In questi duecento metri di dislivello soffro davvero come un cane, lo zaino peserà 17-18 kg, ho la gola che arde e ho finito l’acqua, mi chiedo chi cacchio me l’ha fatto fare, che stavo così bene a scofanarmi di paella in Camargue appena dieci giorni prima… alle 16.30, dopo 5 ore e un quarto di marcia effettiva, siamo al rifugio Guide d’Ayas 3420 m. Più di 1700 metri di dislivello ci separano dal fondovalle, lo ricordavo lungo, ma non così lungo! Frachey non si vede neanche, è un pacco di km più a sud… L’aria è gelida quassù, ci cambiamo, prendiamo posto in camera, e con mia somma gioia posso gustarmi una birra bionda media alla spina.. a 3400 m di quota, che goduria! C’è tempo anche di un pisolino prima dell’abbondante e ottima cena. Un ultimo sguardo al tramonto, poi camomilla e a nanna presto sotto un cielo stellatissimo. Dormo bene nonostante l’alta quota, alle 4.40 suona la sveglia, ma dormirei ancora di gusto… siamo subito pronti per colazione, esco fuori ad “annusare l’aria”, decisamente frizzante. La colazione non è proprio puntuale, slitta di una decina di minuti, ma alle 5.55 siamo pronti a partire, già coi ramponi ai piedi e legati. Parto davanti, alla luce della frontale e aiutato pure dalla luna, che crea stupende luci argentate sul ghiacciaio. A pochi minuti dal rifugio c’è un grosso crepaccio da superare, il ponticello di neve non mi ispira e faccio il passo più lungo per passare l’intero crepaccio con un mezzo salto, (faccio bene a far così, vedrò poi al ritorno cosa si apriva sotto i nostri piedi). Proseguiamo nell’aria frizzante del primo mattino, mentre pian piano il chiarore si alza da est e il sole comincia a colpire le vette oltre i 4000 metri. Siamo tra i primi, dietro di noi c’è “l’orda” della SUCAI di Torino, è bene tenerli dietro perché sono una ventina e su per la cresta del Polluce si creerà giocoforza un bel po’ di intasamento. Passiamo un altro enorme e inquietante crepaccio a quota 3700 metri circa, segue poi l’ultimo pendio nevoso prima della crepaccia terminale, che si passa senza alcun problema essendo semi chiusa. Raggiungiamo gli sfasciumi della parte inferiore della cresta sud-est, e qui ci mettiamo il casco. E’ tutto cementato dal gelo e in parte verglassato, quindi saliamo coi ramponi, in conserva. Il terreno non è difficile, solo a metà cresta c’è qualche passaggio più impegnativo che però non supera mai il II°. Arriviamo quindi a 3960 m di quota circa, all’inizio del “famigerato” tratto attrezzato coi canaponi. Aspettiamo un po’, poi è il nostro turno. Supero la liscia placca aggrappandomi saldamente con le mani al cordone, e mettendo i ramponi sulla cengetta che sembra fatta apposta. Arrivo dall’altra parte, mi auto assicuro e recupero Gianpaolo in sicurezza. Mentre siamo tutti e due in attesa di proseguire, arriva la Guida Svizzera che già ci stava sulle scatole, ci sorpassa senza chiedere né scusa né crepa mettendomi praticamente i piedi in testa. Invoco Anubi e gli tiro qualche imprecazione dietro. Proseguo quindi, per il “simpatico” camino, gelido e con un pochino di neve e verglas, ma anche qui la presenza del canapone lima notevolmente le difficoltà. Arrivo al suo termine e mi auto assicuro alla sosta, quindi recupero il socio. Rimane ora la parte più “impegnativa”, la paretina rocciosa di 7-8 metri, anch’essa attrezzata. Mentre la risalgo, per sicurezza, metto un paio di rinvii..va beh che è breve, va beh che c’è il canapone, va beh che le difficoltà sono limitate (max III se non fosse attrezzata), però se disgraziatamente scivolassi fino in fondo mi farei poi già parecchio male… Esco su, e recupero velocemente il socio. Nel tratto precedente eravamo riparati dal vento, che invece quassù alla madonnina dell’anticima è abbastanza forte, fastidioso e gelido. Piccozza alla mano ci apprestiamo a salire la cresta finale nevosa, estetica e sospesa nel cielo. Provo a salire così come sono, ma il vento mi sta congelando il viso e son costretto a mettermi la mascherina. In dieci minuti o poco più eccoci finalmente calcare la vetta del Polluce, a 4091 m, vetta tanto sognata e tanto desiderata! L’emozione è forte, tanto più che in questo momento in cima ci siamo solo noi. La ovest del Castore è lì davanti a me, stupenda, invitante. Più in là le ultime quattro vette del Monte Rosa che mi mancano, i due Lyskamm, Nordend e Dufour. Nei prossimi anni spero di completare l’opera… Il giro d’orizzonte prosegue con gli immensi ghiacciai svizzeri, i quattromila di Saas Fee, il Weisshorn slanciato ed elegante, la catena dei Breithorn che copre il Cervino, il Bianco, il Ruitor, l’amato Grampa e parte delle montagne canavesane… giornata stupenda oggi quassù. Sarebbe da restarci un’ora, ma il vento è decisamente forte, tende a spostarmi, oltre a sollevare neve che sbatte violentemente sul volto, quindi scendiamo subito. Ripercorriamo la cresta nevosa fino all’anticima, quindi attrezziamo una prima doppia per scendere la paretina, e poi “chiediamo in prestito” quella già piazzata di un’altra cordata per velocizzarci e scendere sia il camino che la placca, visto che nel mentre stanno salendo i 20 sucaini e c’è un po’ di casino. Siamo fuori dal difficile, e scendiamo slegati da qui fino al ghiacciaio, dove dopo una pausa, riformiamo la cordata per scendere il ghiacciaio. Perdiamo quota velocemente, il crepaccio prima del rifugio è davvero qualcosa di impressionante… al Guide d’Ayas è tempo di fare un bello spuntino, mettersi in ciabatte, rifare lo zaino che torna ad essere pesantissimo. La strada verso Frachey è ancora lunga. Sono circa 7-8 km dalla vetta del Polluce a fondovalle… più 2450 metri di dislivello. Dal Pian di Verra in giù è il mio turno di “portage” della corda, e la sofferenza diventa totale, fino a quando le spalle non le sento più, ormai anestetizzate dal peso dello zaino. Verso la fine della discesa comincio ad accusare qualche cedimento strutturale, e non potrebbe essere altrimenti… ma in fondo pensavo peggio, dopo tre settimane di stop. Quale goduria cambiarsi e mettersi i sandali.. e ancor più goduria il panino dalle proporzioni himalayane con birrazza che consumiamo a Champoluc. Già, Himalayano come potrebbe sembrare il Polluce visto dal Pian di Verra, così ardito ed isolato, una di quelle salite che ha un sapore particolare, visto che ce lo si guadagna metro per metro, passo dopo passo dal fondovalle esclusivamente con le proprie forze. Si merita con onore un posto tra i quattromila più belli e di soddisfazione che abbia mai fatto. Un brindisi e con questo siamo a 22. E per quest’anno direi che può bastare.
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