Monte Bellagarda 2901 m.


La Bellagarda è la sorella minore del Monte Unghiasse, monarca incontrastato di tutto lo spartiacque Val Gande – Valle Orco. Come dice il noma, offre una “bella vista” su tutto l’alto bacino dell’Unghiasse, con i suoi meravigliosi laghi. E’ un’altra di quelle gite da “inventare”, dal Gran Lago il percorso è fuori sentiero, faticoso, ma logico, pur dovendolo affrontare con le dovute cautele.  

  • Partenza: Alboni 1375 m

  • Tempo di salita: 4,30 h

  • Dislivello: 1530 m

  • Difficoltà: EE

  • Periodo consigliato: Luglio – Ottobre  


22 giugno 2003

Siamo solo all’inizio di quest’esta rovente, ma non lo sappiamo ancora. Oggi è l’inizio astronomico dell’estate più calda degli ultimi 250 anni. Ed infatti, la fresca temperatura che trovo agli Alboni, alle 8 del mattino, è solo un’illusione. La giornata di oggi mi farà pentire di essere nato. Prendo il bel sentiero che porta ai laghi d’Unghiasse, che si inoltra presto nel bosco verdeggiante. Il verde domina, ad inizio estate, anche quesi posto diventano meravigliosi, in piena fioritura, ed il caldo di maggio e giugno ha anticipato la fioritura di molte piante.  

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A sinistra: nel cielo blu profondo, solo pochi cirri alla mia partenza da Alboni.

Al centro: ruderi di vecchie baite, all'imbocco del Piano delle Riane.

A destra: ancora cirri, all'imbocco del Piano delle Riane.

Il primo tratto nel bosco è piacevole, l’aria del mattino induce ad un buon passo, ma presto, quando da una radura appare il becco di Roci Ruta, comincia l’assedio del caldo. Sbaglio anche sentiero, perdendo una buona mezz’ora a “ravanare” su e giù per la radura di pascoli. Ritrovo la retta via, e finalmente giungo al Piano delle Riane, una fioritura unica, mente nel cielo azzurrissimo cirri e cirrostrati danno spettacolo. Di qui è già ora di rimanere solo coi pantaloncini. Fa troppo caldo. Comincio a pensare che oggi rischio la fusione. L’atmosfera limpidissima rende l’aria nitida, e mentre percorro il tratto di sentiero che cinge la base del paretone ovest del Gran Bernardè, mi appare sull’altro lato del vallone, tra le rocce, una conformazione rocciosa, che ricorda una statua moai dell’isola di Pasqua. E’ impressionate. 

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A sinistra: il "moai" del vallone d'Unghiasse: aguzzate bene la vista, e lo noterente subito...

A destra: il Gran Lago d'Unghiasse.

Stupito, proseguo salendo, ma presto, da altre angolazioni, quella “faccia”, torna ad essere una semplice parete rocciosa. Supero l’Alpe del Letto 2270 m, e raggiungo lo spettacolare Gran Lago d’Unghiasse. La Bellagarda appare chiaramente, mi muovo verso di lei. E’ logico l’attacco al pendio di salita, per una dorsale erbosa a destra di una grande colata detritica, appoggiando verso destra su una specie di ampio cengione erboso, e poi piegando a sinistra, sul lato di un canale franoso di faticosissimo e cedevole terriccio, seguito da mobili sfasciumi. Una piccola dorsale erbosa, ed eccomi sulle rocce della cresta terminale. Quando vi arrivo mi appare di fronte, maestoso, il Gran Paradiso. Ho percorso la cresta, legando la cagnetta Sally perché si rifiutava di preseguire, ed eccomi finalmente alla vetta, contrassegnata da un misero e traballante ometto di pietre. Sally è crollata sfinita all’ombra, mentre io ho potuto concedermi l’agognato pranzo. Il sole era rovente, non un filo d’aria, e qui a 2900 m di quota, mi sembra di essere su una graticola. Mi rilasso in una breve pennichella, ma addormentarsi a questo sole potrebbe costarmi davvero caro.

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A sinistra: fioritura di Tarassachi nei pascoli del Gias di Lei.

Al centro: rododendri in fiore, nel medio vallone d'Unghiasse.

A destra: il tozzo profilo "insignificante" della Bellagarda.

Decido di scendere direttamente dalla vetta per un ripido pendio erboso sud-est, fino ad imbucare un canale detritico tra balze rocciose,  che in breve, muovendo anche mezza montagna, permetteva di arrivare sulle sponde del favoloso Lago della Fertà, ricchissimo di pesci. Invece di tornare al Gran lago, scelgo un’altra via, e mi incammino per il sentiero ben battuto che porta alle Alpi Mese d’Agosto e all’Alpe Becco degli Uccelli, tra rivoletti spumeggianti che con questo caldo rovente sono quasi una tortura. Voltandomi indietro mi appare la curiosa roccia che da il nome a quest’alpeggio.

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A sinistra: la triade delle Levanne, con l'evidente canalone ghiacciato del Colle Perduto, che alla fine della torrida estate 2003 sarà quasi scomparso.

Al centro: il lago di Ceresole e l'alta Vale orco dalla Bellagarda.

A destra: dalla vetta verso lo spartiacque Val Grande - Valle Orco.

Proseguo la discesa, con la temperatura corporea che va via via aumentando, ed il cespuglioso tratto prima del Piano è qualcosa di mistico. Giunto alle Riane che danno il nome al piano, non ce la faccio davvero più. Butto via scarponi e calze, e mi lancio nell’acqua gelida. Uno shock termico, ma immergere completamente la testa è una sensazione divina, rispetto all’aria rovente. Spossato dal caldo mi rilasso sonnecchiando tra l’erba mossa da una piacevole brezzolina, poi, ahimè, è tempo davvero di tornare giù. A buon passo, stanco, sudato, appiccicoso, giungo agli Alboni, quando sono le cinque del pomeriggio, ma la temperatura è sempre incredibilmente calda.  

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A sinistra: il lago della Fertà. 

Al centro: la curiosa roccia a forma di becco d'acquila, che dà il nome all'Alpeggio.

A destra: le belle baite dell'Alpe Becco degli Uccelli.

Anche questa è andata, il primo giorno d’estate ha fatto fede al suo nome. La mia pelle assomiglia a quella di un’aragosta: la anche la Bellagarda è caduta!

Roberto Maruzzo-socio CAI-Lanzo


 

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